Fuorisede, almeno un po’.

Sentimentalismi galoppanti. Saranno gli ormoni. Vabbè, gnàmo.

Sono passati più di tre anni e mezzo da quell’ottobre in cui tutto si è illuminato. Sono arrivata nel timido sole di settembre con l’abbronzatura  già sbiadita, qualche esame da fare e pochi altri pensieri nella testa.
In fondo non molto stava cambiando. Avrei continuato a studiare Medicina, ad andare a lezione e ad uscire con le stesse persone nelle stesse due città un po’ troppo vicine che così poco si somigliavano.
Finiti gli esami di settembre ho sistemato la mia stanza: l’ex salotto di un appartamento sufficientemente brutto per poter rientrare nell’average delle case da studenti di questa città. Avevamo due copriletti uguali e due letti uno affianco all’altro con un unico comodino a separarli.
Quando entri in una camera doppia capisci molte più cose di due persone di quante se ne possano capire da una camera singola. Prima di tutto è evidente è il livello d’amicizia e condivisione dei/delle due compagni/e di stanza. Io e Giulia dormivamo accanto, a volte univamo i letti per guardare un film sotto il piumone. Lei si addormentava sempre a metà ma non si risvegliava mai per cui era semplice passare le notti al computer senza che nessun genitore entrasse incazzato perché ancora non dormivo.
La nostra stanza era un tripudio di cose inutili che ben presto ho appreso pallosissime da spolverare e tenere in ordine. Eravamo in due, ognuna coi suoi ritmi e con la sua poca voglia di riordinare ma ce la siamo sempre cavata, anche perché lei mi fece da balia per parecchio tempo prima che imparassi. Lì mi resi conto di essere una viziata incredibile, mentre avevo sempre predicato responsabilità ed indipendenza. Finché si vive coi propri genitori si è incredibilmente stupidi, il caso è chiuso.
I primi mesi sono stati una rivoluzione silenziosa. Mi sembrava di aver trovato il posto in cui brillare e tutto ciò che avevo sempre desiderato. E in effetti è così.
Facemmo la spesa all’Ikea e sistemammo tutto nei nostri bagni vecchi, brutti e tristi e nella cucina-tinello che sembrava una casa portoghese degli anni ’50, come diceva Martina. Ogni sera mangiavamo insieme e quella casa era un’esplosione di colori, accenti, gente di passaggio, storie, paranoia, amicizie, pianti e risate come non ne ho mai fatte. Ho giocato, ho imparato a vivere da sola piano piano e ho scoperto che tre sono una squadra e sei una folla.
Ho imparato che il letto sfatto dà un fastidio immenso e che quando mamma non c’è la casa non è mai come la vorresti.
Che nel sudicio ci si sta male. Che le tazze non volano da sole nell’armadietto sopra il lavello e che la spazzatura non svanisce misteriosamente grazie ai Folletti Buoni che sembrano vivere perennemente in casa dei miei a Lucca.
Che le bollette esistono e non puoi fare come ZC e mettere la testa sotto la sabbia… Prima o poi vanno pagate.
In ogni casa di studenti c’è un barattolo, solitamente del caffè, che contiene gli spiccioli della spesa comune, circa 100 post-it con conti, debiti e promemoria e gl’immancabili scontrini dell’Esselunga con tutti gli articoli evidenziati di colori diversi per spartirsi la spesa… Questo è mio, questo è tuo, questo no, quello è in comune fra te e Nico, questo è mio e di Karo e quell’altro è di tutti. E non ti scordare che si era detto di mettere il dentrifricio in comune e sono tre volte che lo pago io.
Come la carta igienica che finisce sempre e tu non capisci come si possa defecare ed urinare il triplo di quanto avviene a casa dei tuoi genitori.
Ed è palloso alle volte. E’ palloso dover star dietro cose da grandi ma dà anche un’incredibile senso di appartenenza, una delle sensazioni che preferisco.
Sarà per la consapevolezza che qualcuno ad aspettarti c’è sempre, e non per rimproverarti che non ci sei mai o che non hai dato da mangiare al gatto. Ma per fumare una sigaretta tutti insieme(grazie Via Pisanello, da te ho preso anche questo vizio), fare una partita a Sarabanda con Youtube, bere quella birra buona o improvvisare una cena in dieci con un piatto di pasta scotta. Qualcuno che ascolta e conosce inevitabilmente la tua vita. CHe si modella un po’ per far spazio alla tua personalità psicotica nelle maglie della sua comprensione e quotidianità.
Capisci tante cose alle quali prima non davi minimamente importanza:
capisci quanto fa “casa” avere il pane fresco in cucina, perché se hai il pane fresco hai più voglia di scongelare la fettina che alberga triste nel freezer da dieci giorni. Un po’ d’insalata, una mela e il gioco è fatto: eviti di scialacquare i quattro euro del kebab – che ti renderà pesante ed inavvicinabile tutta la sera. Hai voglia di carne, pesce, minestrone. Quello che quando te lo vedevi arrivare in tavola cucinato da mamma sbuffavi.
Capisci quant’è importante chiudere i libri ed impilarli pronti per il giorno dopo sulla scrivania, o fare lo zaino, o decidere di pulire il frigo. Perché dopo si sta meglio tutti. E per quanto riguarda ilibri è una mera questione psicologica. “Oggi ho fatto il mio, domani mi faccio svegliare da Raffo e vado al tirocinio all’alba”.
Capisci che litigare non è solo farsi il sangue amaro ma crescere ed imparare a capire l’altro, quel ragazzo che viene dall’altra parte d’Italia, parla strano ed immancabilmente fa una tempesta di sabbia in cucina ogni volta che mette su un caffè.
Capisci che dopo tre anni e mezzo avevi la verve domestica di una matricola incompetente che non si ricorda di buttare la spezzatura, e ora sei la mamma di casa. A certe cose ci devi far attenzione tu più di tutti. Per esempio al rischio sepsi dell’acquaio di cucina: un parametro clinico di fondamentale importanza anche per l’outcome sociale degli abitanti della casa…
Capisci cheparte della tua serenità è tornare e trovarli tutti e tre in giro per casa.
Davvero, io mi sento bene solo a sentirli canticchiare nel corridoio.
Che loro e la tua casa sono sempre lì a condividere questi giorni a volte spaventosi e deprimenti.
E girare coi libri sulla schiena, l’aula studio che è un’altra casa. E’ casa ovunque, impegno, lavoro e tutto quello che di buono hanno i vent’anni o poco più.
L’amico autoctono pisano t’invidia, il pendolare non sa nemmeno di cosa si stia parlando e, ragazzi, mi dispiace una cifra per voi. Non sapete cosa vi siete persi…
Quando sei fuori sede capisci il valore che ha bestemmiare perché sei in corteo e fra striscione, camice e abiti pesanti non riesci ad accenderti una sigaretta… Dopodiché tiri su la testa e vedi la Torre di Pisa occupata. Sono cose che non hanno prezzo né mai ne avranno…
E’ la nostra vita, è la cosa più bella che mi sia mai capitata  e continuo a farne tesoro ogni momento.

Grazie Pisa, ancora una volta.
Grazie a chi mi ha consentito di avere tutto questo.
Grazie a tutte le facce, tutte le persone che sono sempre qui con me. A quelle a cui dico “piacere, Gioia, studio Medicina” e poi mi scordo il nome.
Grazie a Medunipi e al mio orgoglio, che fra un po’ sarò un medico.

***

Studentessa universitaria, triste e solitaria
Nella tua stanzetta umida, ripassi bene la lezione di filosofia
E la mattina sei già china sulla scrivania
E la sera ti ritrovi a fissare il soffitto, i soldi per pagare l’affitto te li manda papà.

Ricordi la corriera che passava lenta, sotto il sole arroventato di Sicilia
I fichi d’India che crescevano disordinati ai bordi delle strade
Lucertole impazzite, le poche case…
Ricordi quel profumo dolce di paese e pane caldo,
i pomeriggi torridi, la piazza, la domenica,
e il mare sconfinato che si spalancava dal terrazzo,
della tua camera da letto.

Ripensi alle salite in bicicletta per raggiungere il cadavere di una capretta,
il tabernacolo della Madonna in cima alla montagna, che emozione!
Tutte le candele accese di un paese in processione, gocce di sudore sulla fronte
Odore di sapone di Marsiglia e di lenzuola fresche per l’estate,
gli occhi neri di una donna ferma sulle scale, gli occhi di tua madre…

Studentessa universitaria, triste e solitaria
Nella tua stanzetta umida, ripassi bene la lezione di filosofia
E la mattina sei già china sulla scrivania
E la sera ti ritrovi a fissare il soffitto, i soldi per pagare l’affitto te li manda papà…

Studentessa chiusa nella metropolitana, devi scendere, la prossima è la tua fermata!
Sotto braccio libri,fotocopie, appunti sottolineati
ed un libretto dove collezioni i voti degli esami,
questa vita fatta di lezioni e professori assenti, file chilometriche per fare i documenti,
prendere un bel trenta per sentirsi più felici, ma soli e senza i tuoi amici…
Carmelo sta a Milano in facoltà di Economia, Fabiana e Sara Lettere indirizzo Archeologia
Poi c’è Concetta, sta a Perugia e studia da Veterinaria,
Giurisprudenza invece la fa Ilaria e Marco spaccia cocaina
e un giorno lo metteranno dentro, il tuo ragazzo studia Architettura e nel frattempo
passa i giorni dando il resto dalla cassa di un supermercato in centro…

Studentessa universitaria, triste e solitaria
Nella tua stanzetta umida, ripassi bene la lezione di filosofia
E la mattina sei già china sulla scrivania
E la sera ti ritrovi a fissare il soffitto, i soldi per pagare l’affitto te li manda papà…

Studentessa universitaria, sfiori la tua pancia
Dentro c’è una bella novità, che a primavera nascerà per farti compagnia,
la vita non è dentro un libro di Filosofia
e la sera ti ritrovi a pensare al futuro
e ti sembra più vicina la tua serenità.

Regina Spektor NE SA.


They made a statue of us
And it put it on a mountain top
Now tourists come and stare at us
Blow bubbles with their gum
Take photographs have fun, have fun

They’ll name a city after us
And later say it’s all our fault
Then they’ll give us a talking to
Then they’ll give us a talking to
Because they’ve got years of experience
We’re living in a den of thieves
Rummaging for answers in the pages
We’re living in a den of thieves
And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious

We wear our scarves just like a noose
But not ‘cause we want eternal sleep
And though our parts are slightly used
New ones are slave labor you can keep

We’re living in a den of thieves
Rummaging for answers in the pages
We’re living in a den of thieves
And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious

They made a statue of us
They made a statue of us
The tourists come and stare at us
The sculptor’s marble sends regards
They made a statue of us
They made a statue of us
Our noses have begun to rust
We’re living in a den of thieves
Rummaging for answers in the pages
Were living in a den of thieves

And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious
And it’s contagious